Roma, 16.04.2014 – Mentre in consiglio regionale l’assessore Gazzolo lo stava illustrando, anche alla presenza dei “No Triv” arrivati da Ferrara, il sito della Regione Emilia Romagna ha pubblicato il rapporto redatto dalla Commissione Ichese (International Commission on Hydrocarbon Exploration and Seismicity in the Emilia Region), che riguarda possibili relazioni tra attività di esplorazione per idrocarburi (trivellazioni) e aumento dell’attività sismica nell’area colpita dal terremoto dell’Emilia-Romagna.

È possibile scaricare la versione integrale del rapporto redatto dalla commissione Ichese, incaricata di valutare le possibili relazioni tra attività di esplorazione per idrocarburi e aumento dell’attività sismica nell’area colpita dal terremoto dell’Emilia-Romagna del mese di maggio 2012. La Commissione è stata istituita l’11 dicembre 2012 con decreto del dott. Franco Gabrielli, Capo del Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, su richiesta del Presidente della Regione Emilia-Romagna Vasco Errani in qualità di Commissario Delegato.

Sul sito della Regione è pubblicata, inoltre, la lettera del Ministero dello Sviluppo Economico al Presidente Errani relativa alla costituzione di un gruppo di lavoro per la definizione di linee guida per il monitoraggio della microsismicità, delle deformazioni del suolo e della pressione di poro come raccomandato dalla Commissione Ichese.

ECCO LE CONCLUSIONI

La Commissione tecnico-scientifica incaricata di valutare le possibili relazioni tra attività di esplorazione per idrocarburi ed aumento dell’attività sismica nell’area colpita dal terremoto dell’Emilia-Romagna del mese di maggio 2012 (ICHESE) è stata istituita l’11 dicembre 2012 con decreto del Dott. Franco Gabrielli, Capo del Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri su richiesta del Presidente della Regione Emilia. La composizione della Commissione è stata modificata con successivi decreti.

La Commissione ha avuto il seguente incarico: “La Commissione Internazionale dovrà produrre un rapporto che, sulla base delle conoscenze tecnico-scientifiche al momento disponibili, risponda ai seguenti quesiti:

1.

E’ possibile che la crisi emiliana sia stata innescata dalle ricerche nel sito di Rivara, effettuate in tempi recenti, in particolare nel caso siano state effettuate delle indagini conoscitive invasive, quali perforazioni profonde, immissioni di fluidi, ecc.?

2.

E’ possibile che la crisi emiliana sia stata innescata da attività di sfruttamento o di utilizzo di reservoir, in tempi recenti e nelle immediate vicinanze della sequenza sismica del 2012?

La Commissione ha iniziato i suoi lavori il 2 maggio 2013 e si è riunita per la prima volta in forma plenaria il 18 giugno 2013. La Commissione ha acquisito dati sulla attività sismica e deformazioni del suolo, sulla geologia e sismica a riflessione e sulle operazioni di esplorazione, e sfruttamento di idrocarburi, stoccaggio di gas e attività geotermica, tra l’altro attraverso riunioni con rappresentanti dell’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), dell’OGS (Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale), del Servizio Sismologico della Regione Emilia Romagna e delle Ditte che svolgono attività di esplorazione e sfruttamento idrocarburi nell’area. La Commissione ha incontrato altresì la società Independent Gas Management Srl che ha studiato le caratteristiche geologiche dell’area di Rivara per preparare un progetto di stoccaggio in acquifero.

Il lavoro della Commissione è iniziato con una revisione della letteratura scientifica e dei rapporti disponibili. Esiste infatti una vasta letteratura scientifica, sviluppata soprattutto negli ultimi venti anni, che mostra come in alcuni casi azioni tecnologiche intraprese dall’uomo, comportanti iniezione o estrazione di fluidi dal sottosuolo, possano avere una influenza sui campi di sforzi tettonici principalmente attraverso variazioni nella pressione di poro nelle rocce e migrazione di fluidi. Pertanto sull’attività sismica che si verifica in prossimità spaziale con i siti e temporale con le operazioni sorge il sospetto che le operazioni antropiche possano aver avuto una influenza.

Nella letteratura scientifica viene spesso adottata una distinzione dei terremoti nelle seguenti categorie:

– terremoti tettonici, che sono prodotti dai sistemi di sforzo naturali, dove lo sforzo tettonico ha superato lo sforzo di attrito esistente e la regione era “matura” da un punto di vista sismico.

– terremoti antropogenici, nei quali l’attività umana ha avuto un qualche ruolo nel portare il sistema al punto di rottura: a) Terremoti indotti, nei quali uno sforzo esterno, prodotto dalle attività antropiche, è sufficientemente grande da produrre un evento sismico in una regione che non era necessariamente sottoposta a un campo di sforzi tale da poter generare un terremoto in un futuro ragionevolmente prossimo (in senso

geologico). Cadono in questa categoria i terremoti prodotti da procedimenti di stimolazione termica o idraulica di una roccia, quali la Fratturazione Idraulica (Fracking) e gli Enhanced Geothermal Fields. b) Terremoti innescati, per i quali una piccola perturbazione generata dall’attività umana è sufficiente a spostare il sistema da uno stato quasi-critico ad uno stato instabile. L’evento sismico sarebbe comunque avvenuto prima o poi, ma probabilmente in tempi successivi e non precisabili. In altre parole, il terremoto è stato anticipato. In questo caso lo sforzo perturbante “aggiunto” è spesso molto piccolo in confronto allo sforzo tettonico pre-esistente. La condizione necessaria perché questo meccanismo si attivi è la presenza di una faglia già carica per uno sforzo tettonico, vicina ad un sito dove avvengono azioni antropiche che alterano lo stato di sforzo, dove vicina può voler dire anche decine di kilometri di distanza a seconda della durata e della natura dell’azione perturbante. In alcuni casi queste alterazioni possono provocare l’attivazione della faglia già carica. E’ importante ricordare che, poiché in questo caso le operazioni tecnologiche attivano solamente il processo di rilascio dello sforzo tettonico, la magnitudo dei terremoti innescati può essere grande, dello stesso ordine di quella dei terremoti tettonici, e dipenderà dall’entità della deformazione elastica accumulata sulla faglia a causa del carico tettonico.

Numerosi rapporti scientificamente autorevoli descrivono casi ben studiati nei quali l’estrazione e/o l’iniezione di fluidi in campi petroliferi o geotermici è stata associata al verificarsi di terremoti, a volte anche di magnitudo maggiore di 5. E’ difficile, a volte impossibile, utilizzare il termine provata per questi casi. I casi riportati sono solo una piccola percentuale di tutti i casi esistenti di estrazione ed iniezione di fluidi, e si riferiscono in gran parte all’aumento di pressione di carico legato a serbatoi molto grandi e a iniezioni di grandi volumi di fluido (in genere acqua di processo) nella roccia circostante, non nello stesso serbatoio in cui avviene l’estrazione, durante operazioni per recupero avanzato di idrocarburi o per tenere costante la pressione. Esistono comunque alcuni casi in cui l’attività sismica è stata associata a re-iniezione di acqua di processo nello stesso serbatoio dal quale è stato estratto olio o gas.

Le principali conclusioni che si possono trarre dai casi riportati sono:

– Estrazioni e/o iniezioni legate allo sfruttamento di campi petroliferi possono produrre, in alcuni casi, una sismicità indotta o innescata;

– La maggior parte dei casi documentati in cui una attività sismica è stata associata a operazioni di sfruttamento di idrocarburi è relativa a processi estrattivi da serbatoi molto grandi o a iniezione di acqua in situazioni in cui la pressione del fluido non è bilanciata;

– Il numero di casi documentati di sismicità di magnitudo medio-alta associabile a iniezione di acqua nello stesso serbatoio da cui ha avuto luogo l’estrazione di idrocarburi è una piccola percentuale del numero totale;

– La sismicità indotta e, ancor più, quella innescata da operazioni di estrazione ed iniezione sono fenomeni complessi e variabili da caso a caso, e la correlazione con i parametri di processo è ben lontana dall’essere compresa appieno;

– La magnitudo dei terremoti innescati dipende più dalle dimensioni della faglia e dalla resistenza della roccia che dalle caratteristiche della iniezione;

– Ricerche recenti sulla diffusione dello sforzo suggeriscono che la faglia attivata potrebbe trovarsi anche a qualche decina di kilometri di distanza e a qualche kilometro più in profondità del punto di iniezione o estrazione, e che l’attivazione possa avvenire anche diversi anni dopo l’inizio dell’attività antropica;

– La maggiore profondità focale di alcuni terremoti rispetto all’attività di estrazione associata è stata interpretata come una evidenza diretta del fatto che l’estrazione o l’iniezione di grandi volumi di fluidi può indurre deformazioni e sismicità a scala crostale;

– Esistono numerosi casi di sismicità indotta da operazioni di sfruttamento dell’energia geotermica. La maggior parte di essi è legata allo sviluppo di Enhanced Geothermal Systems, nei quali vengono provocate fratture in rocce ignee impermeabili per produrre delle zone permeabili. Esistono anche diversi casi di terremoti associati all’utilizzazione tradizionale dell’energia geotermica. I terremoti prodotti sono di magnitudo medio-bassa e a distanze non più grandi di alcuni kilometri dai pozzi di estrazione o iniezione.

– L’esame di tutta la letteratura esistente mostra che la discriminazione tra la sismicità indotta o innescata e quella naturale è un problema difficile, e attualmente non sono disponibili soluzioni affidabili da poter essere utilizzate in pratica.

Partendo da questo stato delle conoscenze, la Commissione ha cercato di stabilire l’eventuale nesso esistente tra le operazioni di iniezioni/estrazione e stoccaggio di fluidi e l’attività sismica nell’area dell’Emilia Romagna colpita dalla crisi sismica del maggio-giugno 2012.

L’area colpita dalla sequenza sismica in questione ha forma di una ellisse lunga circa 30 km e larga circa 10 km, che si estende in direzione est-ovest sopra l’anticlinale di Cavone-Mirandola. La Commissione ha definito, su basi sismo-tettoniche, una area di interesse di circa 4000 km² che include la zona dell’attività sismica del 2012. Nell’area sono presenti tre concessioni di sfruttamento per idrocarburi, Mirandola (con incluso il campo di Cavone), Spilamberto e Recovato, nonché il il campo geotermico di

Casaglia (Ferrara) e il giacimento di stoccaggio di gas naturale di Minerbio sitiauto al margine sud-est dell’area.

Nella zona è inoltre inclusa l’area del progetto Rivara per un sito di stoccaggio di gas naturale in acquifero, cui si riferisce il primo quesito posto alla Commissione.

Dopo aver analizzato la documentazione fornita dalla Compagnia Independent Gas management e preso visione della dichiarazione del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE), il quale ha certificato che non era stata concessa alcuna autorizzazione per attività minerarie e che non risulta sia stata effettuata alcuna attività di esplorazione mineraria negli ultimi 30 anni, la Commissione ritiene che la risposta al primo quesito sia NO.

Per la risposta al secondo quesito, dopo aver considerato le informazioni disponibili sia sull’attività sismica che sulle operazioni relative allo sfruttamento e allo stoccaggio nelle concessioni nell’area, la Commissione ha deciso, per le ragioni di seguito esposte, di concentrare la sua attenzione sui campi più vicini all’attività sismica del 2012, e cioè:

La concessione di coltivazione di Mirandola e Il campo geotermico di Casaglia.

Il giacimento di idrocarburi di Cavone, è situato nella concessione di Mirandola, si trova circa 20 km a ovest della scossa principale del 20 maggio 2012, è molto vicino agli epicentri degli eventi di magnitudo maggiore di 5 del 29 Maggio e del 3 Giugno. Gli epicentri di altre due scosse di magnitudo superiore a 5, verificatesi il 20 maggio, sono spostati verso il campo geotermico di Casaglia, che si trova 15-20 km a nord-est dell’epicentro della scossa principale del 20 maggio.

Sebbene l’attività estrattiva sia proceduta con continuità fino ai giorni del terremoto sia a Cavone che a Spilamberto e Recovato, il pozzo Cavone-14 era l’unico attivo nel re-iniettare l’acqua di processo prima e durante la sequenza sismica del 2012. Inoltre, mentre il serbatoio di Cavone è situato nelle rocce carbonatiche Mesozoiche e potrebbe essere connesso idraulicamente con le faglie di sovrascorrimento sottostanti, gli altri serbatoi sono situati in formazioni Plio-Pleistoceniche al disopra di livelli di rocce altamente impermeabili. Ciò rende altamente improbabile un contatto diretto con le faglie sismogeniche.

Allo scopo di avere un quadro quanto più omogeneo possibile sulle caratteristiche dell’attività sismica, sulle conoscenze geologiche e sulle operazioni di iniezione ed estrazione di fluidi, la Commissione ha ritenuto opportuno procedere ad una rielaborazione dei dati esistenti più rilevanti.

In particolare a:

– Rianalizzare i profili di sismica a riflessione e le informazioni fornite dai log dei pozzi di perforazione per verificare il modello tettonico dell’area e costruire un modello 3D di velocità delle onde sismiche da usare per la ri-localizzazione dell’attività sismica. L’utilizzazione di un modello 3D è opportuna data la forte asimmetria in direzione nord-sud delle strutture geologiche superficiali.

– Ricalcolare i parametri classici (coordinate geografiche, profondità, meccanismi focali) dell’attività sismica, con epicentro nella zona in esame, registrata dalla rete sismica INGV a partire dal 2005 quando il catalogo strumentale INGV ha raggiunto la configurazione attuale.

– Stimare il trasferimento di sforzo di Coulomb prodotto dalle scosse principali del 20 maggio allo scopo di verificare se esse possano aver contribuito a portare più

vicino al punto di rottura la faglia degli eventi dal 29 maggio al 3 giugno.

– Effettuare un’analisi statistica dell’attività sismica nell’area di interesse a partire dal 2005, inclusa la sequenza del maggio 2012, cercando possibili deviazioni dall’andamento tipico della sismicità naturale e possibili correlazioni con le variazioni dell’attività di estrazione/iniezione.

– Studiare il modello fisico di serbatoio disponibile, in particolare verificando se vi erano evidenze di forti variazioni di permeabilità.

La produzione nel campo di Cavone è iniziata nel 1980, attingendo da un serbatoio di 400-700 m di spessore il cui tetto si trova ad una profondità minima di 2.500 m, situato nei carbonati mesozoici in una struttura anticlinale. Il campo è diviso in 5 blocchi segmentati da faglie, ma connessi tra di loro, che si estendono in direzione est-ovest, e da un compartimento separato, il serbatoio di San Giacomo, che è stato inattivo dal dicembre 2010 all’aprile 2011, ed è stato riattivato in quest’ultima data. Queste strutture, in totale, coprono un’area di circa 15 km². Le riserve recuperabili furono originariamente stimate in circa 3 Mm³ da un volume totale di 15 Mm³; nel 2012, dopo aver estratto 3,06 Mm³, è presente una riserva residua di circa 0.16 Mm³.

Dal 1993 l’acqua estratta insieme agli idrocarburi viene re-iniettata attraverso il pozzo Cavone-14 a circa 3350 m di profondità nello stesso serbatoio dal quale avviene l’estrazione; dal 2005 nello stesso pozzo viene anche re-iniettata l’acqua estratta dal serbatoio di San Giacomo. La pressione di fluido nel serbatoio sembra essere sostenuta dalla falda acquifera confinante, con il contributo dell’acqua re-iniettata. Il volume complessivo di acqua re-iniettato è ad oggi pari a 2,6 Mm³ (di questi 0,07 Mm³, pari a circa il 2,5% del volume totale, vengono da San Giacomo). Il volume iniettato ha raggiunto un massimo di circa 200.000 m³ annui nel 2004, un minimo di circa 100.000 m³ nel 2010 per poi risalire a circa 130.000 m³ annui nel 2011. La pressione effettiva media mensile di re-iniezione a bocca pozzo è aumentata da 18 MPa nel 2005 a 21 MPa nel 2008, per poi diminuire a 13.8 MPa nel periodo 2009-2010 e infine aumentare di nuovo a 19 MPa nel maggio 2012. Il volume di acqua re-iniettato ha permesso di non avere grandi variazioni del volume di fluido nel serbatoio. La differenza di volume durante tutto il periodo di sfruttamento del serbatoio è di circa -21%.

La presenza di diverse formazioni altamente impermeabili nella sequenza stratigrafica probabilmente impedisce una diretta connessione idraulica tra il serbatoio di Cavone e la zona sismogenica. Ciò non precluderebbe una connessione attraverso le faglie di sovrascorrimento che limitano le falde sovrascorse, ma l’alta permeabilità rende difficile la persistenza di pressioni differenziali. Di fatto le variazioni di salinità riscontrate durante tutto il periodo della produzione, testimoniano l’arrivo di flussi di acqua più salata dall’esterno.

Considerando l’attività nei campi di Cavone e Casaglia, le caratteristiche geologico-strutturali e la storia sismica della zona, la Commissione ritiene che sia molto improbabile che la sequenza sismica dell’Emilia possa essere stata indotta (cioè provocata completamente dalle attività antropiche).

Di conseguenza la Commissione ha concentrato la sua attenzione sulla possibilità che le scosse principali del 20 e del 29 maggio e la sequenza sismica connessa fossero state innescate, cioè che l’attività umana possa aver fornito un contributo allo sforzo tettonico che già agiva sul sistema di faglie.

La Commissione ha considerato la possibilità che l’innesco possa essere dovuto a variazioni di carico conseguenti alle operazioni di estrazione e/o iniezione di fluidi.

La variazione dello sforzo di Coulomb dovuta allo svuotamento del serbatoio ha valori negativi nella zona della scossa del 20 maggio e quindi avrebbe avuto l’effetto di inibirla, mentre le scosse del 29 maggio sono ubicate in una zona dove la variazione di sforzo di Coulomb è positiva ed è minore dei valori spesso assunti in letteratura come necessari per attivare una faglia. Tuttavia ricerche recenti suggeriscono che terremoti possano essere innescati per valori molto diversi delle variazioni di sforzo, a seconda delle caratteristiche del sistema di faglie e della natura del processo di innesco.

Ricerche recenti indicano inoltre che fluttuazioni nelle iniezioni di fluidi potrebbero indurre variazioni di sforzo positive dovute a variazioni a largo raggio della pressione di poro. Tuttavia nel caso in esame non è possibile valutare questo effetto con i dati disponibili.

L’area colpita dalla sequenza sismica del maggio 2012 è una regione ellittica lunga circa 30 km e larga circa 10 km che segue la cresta dell’anticlinale sepolta di Cavone-Mirandola.

Le strutture geologiche identificate come responsabili dell’attività sismica sono le faglie di sovrascorrimento che delimitano il margine esterno dell’Appennino settentrionale.

Secondo la letteratura geologica corrente, il regime tettonico compressivo attivo nella regione è stato associato alla convergenza Europa-Africa oppure all’arretramento flessurale del margine sud-occidentale del blocco di Adria in sprofondamento passivo al di sotto degli Appennini. Il quadro cinematico deducibile dalle informazioni geofisiche, geologiche e geodetiche si accorda bene con le caratteristiche della sismicità attuale dell’Italia settentrionale.

In base alla sismicità storica della zona si può ritenere molto probabile che il campo di sforzi su alcuni segmenti del sistema di faglie nel 2012 fosse ormai prossimo alle condizioni necessarie per generare un terremoto di magnitudo locale (ML) intorno a 6.

La scossa del 20 maggio 2012 caratterizzata da una magnitudo momento (Mw) stimata tra 5.63 e 6.11, è avvenuta a una profondità di 5.3 (±1.0) km e a una distanza di circa 20 km dalla concessione di Mirandola, mentre quella del 29 (Mw 5.44-5.96) è avvenuta ad una profondità di 9.2 (±0.9) km e in prossimità della concessione. Segnalazioni di terremoti innescati a distanze di questo ordine dal sito di estrazione e/o re-iniezione non sono frequenti ma esistono alcuni casi riportati in letteratura. La conversione tempo-profondità dei profili sismici interpretati mostrano che la faglia si trova tra 4000 e 4500 metri di profondità e, in accordo con i dati strumentali, essa potrebbe essere la sorgente del terremoto del 20 maggio. I terremoti del 29 maggio sono invece su una diversa struttura, per i quali la interpretazione dei profili sismici mostra che questa struttura giace ad una profondità compresa tra 10.000 e 11.500 metri, in discreto accordo con le determinazioni strumentali.

I meccanismi focali dei terremoti della sequenza sono prevalentemente di faglia inversa, e concordano con lo stile tettonico di sovrascorrimento dovuto al movimento in direzione ONO-ESE del margine esterno dell’Appennino settentrionale, al di sotto della pianura padana. L’attivazione di diversi segmenti di questo sistema ha prodotto la sequenza sismica del 2012. Questo sistema di faglie era stato identificato come struttura attiva prima del terremoto del maggio 2012, ed è riportato, seppure in modo non dettagliato, nel Database italiano delle Sorgenti Sismogeniche Individuali (INGV).

Un’attività sismica di intensità medio-bassa (per lo più tra 1.5 e 3 ML, ma che ha raggiunto i 4 ML poche ore prima della scossa principale del 20 maggio) si è verificata nel periodo studiato prima del maggio 2012. Alcuni di questi eventi sono ubicati vicino all’epicentro della scossa principale del 20 maggio, a circa 20 km di distanza dal pozzo di re-iniezione. L’analisi di alcune caratteristiche dell’attività sismica (andamento non poissoniano della distribuzione degli eventi nel tempo, variazione della distribuzione della magnitudo) hanno evidenziato un comportamento diverso rispetto a quello generalmente presentato dalla sismicità di fondo. Il risultato dell’analisi di clustering spazio-temporale è che almeno a partire dalla metà del 2008, una parte dell’attività sismica è connessa alla sequenza sismica del maggio 2012.

Un’analisi dettagliata dei dati di produzione ed iniezione relativi alla concessione di Mirandola per il periodo temporale 2005-2012 mostra un andamento fluttuante. In particolare per due volte i volumi di fluido estratto e iniettato e la pressione a bocca pozzo sono variati simultaneamente passando da un andamento crescente nel tempo a un andamento decrescente. Ciò si è verificato tra il 09/2008 e l’11/2008 e nel novembre 2010. Queste variazioni non sono correlate a variazioni nell’attività sismica. Nell’aprile-maggio 2011 c’è stata una repentina variazione di tendenza, da decrescente a crescente, di tutti i parametri di produzione, che risulta correlata statisticamente con un aumento della sismicità, sia in numero di eventi che in energia. L’ordine di grandezza delle variazioni dei parametri di produzione nel periodo da Aprile/Maggio 2011 a Maggio 2012 è di qualche MPa per la pressione effettiva a bocca pozzo, di centinaia di m 3/mese per i volumi di olio e di acqua re-iniettata. Per confronto si ricorda che le variazioni dei volumi di acqua di processo re-iniettata dei serbatoi sono circa dieci volte più grandi nei casi riportati in letteratura, quali quelli di Huangjiachang e Rongchang in Cina.

Queste valutazioni indicano che l’attività sismica immediatamente precedente il 20 maggio e l’evento principale del 20 maggio sono statisticamente correlati con l’aumento dell’attività di estrazione e re-iniezione di Cavone.

Il problema successivo è stato di capire se per le scosse successive al 20 maggio, in particolare gli eventi del 29, sia possibile ipotizzare un contributo non tettonico.

L’analisi con il metodo ETAS di 31 giorni di attività sismica successiva alla scossa principale del 20 maggio indica che si tratta di una tipica sequenza mainshock-aftershocks e non vi sono indicazioni di un contributo non tettonico.

Generalmente un terremoto produce nelle rocce circostanti una variazione di sforzo di due tipi: statico e dinamico.

La variazione di sforzo statico associato a terremoti di elevata magnitudo può attivare faglie adiacenti generando quindi nuovi terremoti. La stima del trasferimento di sforzo statico per la sequenza emiliana del 2012, considerando le incertezze in gioco sui parametri che descrivono le faglie sorgenti e riceventi, indica che la scossa del 20 maggio ha prodotto un trasferimento di sforzo positivo sulla faglia che ha generato i terremoti del 29 maggio (con un livello di significatività dell’80%). La variazione di sforzo dinamico è legata ad effetti transienti provocati dal passaggio delle onde sismiche che possono attivare una faglia già matura. Per la sequenza emiliana, la stima della variazione di sforzo dinamico dovuto al passaggio delle onde sismiche e prodotto da eventi consecutivi nella sequenza è disponibile nella letteratura. E’ stato calcolato che lo sforzo dinamico è maggiore di quello statico ed è sufficiente a innescare l’attività sismica del 29 maggio.

Per quanto riguarda il sistema geotermico di Ferrara, il fluido geotermico viene prodotto dai pozzi “Casaglia 2” (open-hole dagli 890 ai 1950 metri) e “Casaglia 3” (open-hole dagli 890 ai 1950 metri). Dopo l’estrazione, il fluido geotermico circola in uno scambiatore di calore, viene filtrato e re-iniettato nel pozzo “Casaglia 1” (open hole da 1119 metri a 1950 metri) ad una distanza di 1 km dai pozzi produttori. Il serbatoio da cui il fluido viene estratto è un acquifero confinato in calcari Mesozoici fratturati facenti parte di un alto strutturale molto esteso. Dall’inizio della produzione nel 1990 ad oggi, la temperatura del fluido prodotto e le pressioni di produzione/re-iniezione non hanno presentato variazioni significative; é possibile quindi assumere che i confini del serbatoio siano a distanze molto maggiori dai pozzi rispetto alla distanza tra i pozzi stessi. Lo schema di funzionamento dei pozzi mostra che la re-iniezione e la produzione avvengono nelle stesse rocce, che possono essere identificate con il serbatoio geotermico.

Considerando che:

(a) l’acqua viene estratta ad una temperatura di circa 100°C e re-iniettata completamente a circa 70°C;

(b) effetti geo-meccanici dovuti alle variazioni termiche sono stati osservati in altri casi quando la differenza tra le temperature di iniezione ed estrazione è di almeno 80°

(c) dal 1995 al 2012 sono stati estratti ed iniettati in totale 36 Mm3 di acqua a pressione costante.

La possibilità che l’attività sismica sia stata in qualche modo provocata dall’impianto geotermico risulta estremamente improbabile almeno per 3 motivi:

1) la differenza di temperatura tra iniezione ed estrazione è di 30° e la subsidenza osservata non sembra essere influenzata dal campo geotermico essendo confrontabile con quella regionale della Pianura Padana, (minore di 2,5 mm/anno).

2) l’impianto funziona con un bilanciamento di volume in campo lontano, cioè il volume è bilanciato complessivamente, ma può non esserlo solo in vicinanza del punto di iniezione;

3) l’attività sismica registrata in casi di questo tipo è generalmente localizzata in prossimità della sezione del pozzo di iniezione. Questo non sembra essere il caso di Ferrara dove la sismicità è stata minima.

In conclusione, è molto improbabile che le operazioni effettuate nel campo geotermico di Casaglia possano avere influenzato l’attività sismica del 2012.

I valori bassi e negativi della variazione di sforzo generato dal graduale svuotamento del giacimento di Cavone porterebbero argomenti a favore di una origine tettonica dell’intera sequenza sismica. Il piccolo, ma positivo, valore dello sforzo co-sismico trasferito dal terremoto del 20 maggio sulla faglia che ha generato gli eventi del 29 maggio può spiegare la seconda fase di sismicità. Comunque, esiste una correlazione statistica tra l’aumento della sismicità prima del 20 maggio 2012 e l’aumento dei parametri di produzione da aprile/maggio 2011. Quindi non può essere escluso che le azioni combinate di estrazione ed iniezione di fluidi in una regione tettonicamente attiva possano aver contribuito, aggiungendo un piccolissimo carico, alla attivazione di un sistema di faglie che aveva già accumulato un sensibile carico tettonico e che stava per raggiungere le condizioni necessarie a produrre un terremoto.

La Commissione ritiene altamente improbabile che le attività di sfruttamento di idrocarburi a Mirandola e di fluidi geotermici a Casaglia possano aver prodotto una variazione di sforzo sufficiente a generare un evento sismico “indotto”. L’attuale stato delle conoscenze e l’interpretazione di tutte le informazioni raccolte ed elaborate non permettono di escludere, ma neanche di provare, la possibilità che le azioni inerenti lo sfruttamento di idrocarburi nella concessione di Mirandola possano aver contribuito a “innescare” l’attività sismica del 2012 in Emilia.

Pertanto sarebbe necessario avere almeno un quadro più completo possibile della dinamica dei fluidi nel serbatoio e nelle rocce circostanti al fine di costruire un modello fisico di supporto all’analisi statistica.

La predizione dei terremoti è come la ricerca del Santo Graal alla quale si sono dedicate generazioni di studiosi, e mentre si sono fatti significativi progressi nel campo della previsione probabilistica, al momento non è possibile predire in modo deterministico e affidabile quando e dove ci sarà un terremoto e quale sarà la sua intensità.

Un terremoto innescato è un particolare tipo di terremoto tettonico, nel quale piccoli effetti prodotti da attività umane hanno anticipato il momento in cui il terremoto sarebbe avvenuto e pertanto è ancora più difficile da trattare. Più semplice è il caso della sismicità indotta, in quanto le azioni umane hanno una influenza significativa; pertanto possono essere studiate variazioni nelle metodologie operative utilizzabili per abbassare significativamente la probabilità di questi eventi. Sistemi di monitoraggio con livelli crescenti di allarme (i cosiddetti sistemi a semaforo) sono in effetti stati sviluppati e applicati solo per casi di sismicità indotta.

Lo studio effettuato non ha trovato evidenze che possano associare la sequenze sismica del maggio 2012 in Emilia alle attività operative svolte nei campi di Spilamberto, Recovato, Minerbio e Casaglia, mentre non può essere escluso che le attività effettuate nella Concessione di Mirandola abbiano avuto potuto contribuire a innescare la sequenza.

Va comunque considerato che tutto l’orogene appenninico sottostante la pianura padana è sismicamente attivo ed è quindi essenziale che alle attività produttive vengano associate azioni appropriate che contribuiscano a gestire il rischio sismico inerente queste attività.

A tal fine la Commissione ha formulato le seguenti raccomandazioni.

La sismicità indotta e innescata dalle attività umane è un campo di studio in rapido sviluppo, ma lo stato attuale delle conoscenze, e in particolare la mancanza di esperienza in Italia, non premette la elaborazione di protocolli di azione che possano essere di uso immediato per la gestione del rischio sismico. Ha quindi carattere prioritario lo sviluppo delle conoscenze attraverso l’acquisizione di dati dettagliati, alcuni dei quali devono essere forniti dagli operatori, e attraverso una ricerca che possa migliorare la conoscenza delle relazioni tra operazioni tecnologiche e sismicità innescata. Potrebbero essere studiati casi di sismicità nelle immediate vicinanze di campi di sfruttamento di idrocarburi, quali ad esempio quello di Caviago (1951) e di Correggio (1987-2000) e probabilmente anche altri, eventualmente utilizzando le metodologie applicate in questo rapporto dalla Commissione. Sarebbe necessario analizzare in dettaglio sia la sismicità che i parametri di produzione, ed è essenziale avere informazioni su più di un caso per poter sviluppare strumenti utili alla gestione del rischio, quale ad esempio i “sistemi a semaforo”.

Nuove attività di esplorazione per idrocarburi o fluidi geotermici devono essere precedute da uno studi teorici preliminari e di acquisizione di dati su terreno basati su dettagliati rilievi 3D geofisici e geologici. Ciò deve essere volto alla determinazione dei principali sistemi di faglie con indizi di attività e delle loro caratteristiche sismogeniche (lunghezza della faglia, variazione dell’attività sismica nel tempo, ecc.). I periodi di ritorno dei terremoti principali (maggiori di 5ML) devono essere considerati attentamente per avere indicazioni sul grado di “maturità” dei principali sistemi di faglia.

Le attività di sfruttamento di idrocarburi e dell’energia geotermica, sia in atto che di nuova programmazione, devono essere accompagnate da reti di monitoraggio ad alta tecnologia finalizzate a seguire l’evoluzione nel tempo dei tre aspetti fondamentali: l’attività microsismica, le deformazioni del suolo e la pressione di poro. Queste reti dovrebbero essere messe in funzione al più presto, già quando si attende la concessione, in modo da raccogliere informazioni sulla sismicità ambientale precedente all’attività per il più lungo tempo possibile. Il monitoraggio micro-sismico può fornire indicazioni sulla attività delle faglie e sui meccanismi di sorgente che possono essere utili alla caratterizzazione delle zone sismogeniche.

Il monitoraggio sismico dovrebbe essere effettuato con una rete locale dedicata capace di rilevare e caratterizzare tutti i terremoti di magnitudo almeno 0,5 ML.

Le deformazioni del suolo devono essere rilevate principalmente con metodi satellitari.

Dovrebbero essere utilizzate tecnologie interferometriche (INSAR) e GPS che permettono di identificare processi di subsidenza con una risoluzione di alcuni millimetri all’anno.

La pressione dei fluidi nei serbatoi e nei pori delle rocce deve essere misurata al fondo dei pozzi e nelle rocce circostanti con frequenza giornaliera.

Infine, utilizzando l’esperienza di altri casi simili nel mondo e le caratteristiche geologiche e sismotettoniche dell’area in studio, deve essere generato un sistema operativo “a semaforo”, e devono essere stabilite le soglie tra i diversi livelli di allarme.

È consigliabile che tutti i dati sismici vengano continuamente analizzati con metodologie statistiche per evidenziare variazioni dagli andamenti tipici della sismicità di fondo, quali variazioni dell’intervallo di tempo tra eventi, variazioni nel valore di b della distribuzione della magnitudo, clustering spaziali o/e temporali, comportamenti non-poissoniani. L’utilizzo di metodologie ETAS e di eventuali altre nuove metodologie va incoraggiato.

È necessario che i dati rilevanti per il conseguimento di quanto sin qui indicato e in possesso delle compagnie siano da esse messi a disposizione degli enti responsabili per il controllo.

Terremoto e trivellazioni: pubblicato il rapporto della commissione Ichese